Forse siamo ancora pochi ma aumentiamo continuamente. Circoliamo accompagnati da smartphone, pc, chiavette usb, tablet…e siamo pieni di pin e password che ci permettono di entrare in un mondo magico, il mondo della rete. Seguiamo le mail, i siti, le pagine, i blog, i tweet, i social network… Facciamo parte cioè di quella società che si va sempre più strutturando e che ormai chiamiamo tutti “società della rete”.
C’è però una parte dei componenti di questa società che sono protagonisti più attivi, più vitali.
Sono coloro che usano la rete in modo intensivo, che usano la rete per comunicare servendosi di strumenti tecnologici come strumenti di lavoro comune: google drive, mailing-list, videoconferenze, wiki, social network…
Le caratteristiche di questa comunità della rete, e addirittura le caratteristiche di questi strumenti, sono essenzialmente la condivisione e la collaborazione. “Si nutrono di intelligenza collettiva” scrive in un bell’articolo la dottoressa Fernanda Faini, attualmente responsabile per la regione Toscana dell’assistenza giuridica e normativa in materia di amministrazione digitale, innovazione, semplificazione e sviluppo della società dell’informazione e della conoscenza.
Gli strumenti tecnologici nascono già aperti, destinati a favorire la condivisione e a far crescere la collaborazione.
Non poco in un mondo in cui lamentiamo sempre più proprio la chiusura egoistica e l’individualismo!
“Concetti che non si fermano allo strumento usato, ma diventano modus operandi della società della rete. Ne deriva una minore attenzione alla “proprietà” e alla competizione individuale, perché la rete è vasta, è piena di progetti e quindi per fare qualcosa di buono è essenziale avere buone idee, avere apporti diversi e qualificati, contributi che possano fare la differenza nel mare magnum. E allora più menti, più caos creativo, più possibilità di generare buone idee. L’innovazione genera del resto dalle persone, dalle loro relazioni, dai contatti fra le idee che si possono trasformare in nuove soluzioni e inediti prodotti”.
Certo, osserva la Faini, anche nella società della rete ci sono inceppamenti dovuti a logiche esclusive o elitarie, individualistiche e competitive. Ma quando avvengono sono visti come problemi da risolvere subito. Mentre nella società normale gli inceppamenti sono considerati la norma: prevale la logica dei feudi, con vassalli e valvassori.
Nella rete insomma la logica open è naturale, ovvia.
Con l’instaurazione di un altro meccanismo interessante: giacché spesso non si conoscono neanche fisicamente le persone con cui si collabora magari per la riuscita di un progetto, diventa rilevante soprattutto ciò che si dice, ciò che si fa, e meno possono manifestarsi logiche clientelari di conoscenza o di titoli formali. E’ più facile essere ascoltati e coinvolti, ed emerge più facilmente il talento, il merito. Viene insomma prima la conoscenza “virtuale” poi quella fisica, importante anch’essa, ma complementare al lavoro di collaborazione e condivisione intrapreso. “La logica sottesa è diversa. Si parte dal mare ampio e non dal lago, stagno o piscina che sia”.
Altra caratteristica: il lavoro condiviso porta a ragionare secondo la logica della rete, cioè in modo non gerarchico. Si partecipa, si collabora, e le leadership emergono automaticamente, sono riconosciute, non sono imposte o predeterminate. Sarebbe giusto che avvenisse ovunque così…
La stessa Faini osserva che questa potrebbe sembrare una visione edulcorata della rete, non sempre cioè tutto funziona così. Ma sono queste le logiche sottese e che si affermeranno sempre più. E che comunque sono, sarebbero utilissime per il miglior funzionamento di tutto il nostro mondo, così pieno di barriere.
Una considerazione finale, di grande attualità. Queste positive caratteristiche della società della rete vengono sottovalutate quando si mettono in risalto quelli che vengono considerati aspetti negativi della rete: l’anarchia, il poco controllo, i pericoli di uso illecito o delittuoso. E’ una sottovalutazione pericolosa perché si nutre di una illusione: che il problema stia nello strumento e non negli utilizzatori dello strumento. Non è assolutamente quello il problema. Vincoli e censure limiterebbero gli aspetti positivi della rete e invece sarebbero poco o niente incisivi per bloccare gli usi scorretti e illeciti dello strumento.
Riflessioni di larga portata che mi convincono sempre di più sull’importanza e crucialità del riconoscere il cambiamento in atto, repentino, sconvolgente, ma decisivo. Riflessioni da condividere in rete… Complimenti
Fabrizio Arati
E’ così: la rivoluzione digitale comporta un cambiamento epocale nelle relazioni tra le persone e tra le persone e le “cose”, come abbiamo argomentato in alcuni post di questo blog.
Condivido anche la considerazione finale sulla “neutralità” degli strumenti: i problemi li creano gli utilizzatori!
Ma nella circolazione e negli accessi nello spazio virtuale occorrono “regole” senza le quali, credo, le “collisioni” e le “intromissioni”, come nello spazio reale, sarebbero di una violenza devastante.
Mi permetto di segnalare questo pezzo di Luca Sofri (http://www.wittgenstein.it/2013/06/11/not-in-my-hate/) scritto dopo un incontro alla camera dei deputati sui temi dello “hate speech” su internet.
La rete è rivelatrice e amplificatrice di fenomeni che purtroppo già esistono…: il problema quindi non è internet, siamo noi…